Francesco Capella
(Venezia 1711 - Bergamo 1774)
Madonna
1700
Olio su tela, 58 x 44 cm
CAPELLA (Cappella), Francesco, detto il Daggiù o Dagiù. – Nacque a Venezia nel 1711 (Vaccher). Il cognome, che risulta dagli atti ufficiali, è stato spesso confuso con il soprannome. Secondo il Tassi entrò assai giovane nella bottega del Piazzetta e vi rimase forse fino alla morte del maestro nel 1754 pur assumendo incarichi indipendenti (Pinetti). Nel 1744 e nel 1747 risulta iscritto alla fraglia dei pittori veneziani e nel 1756 è aggregato alla Accademia veneziana di pittura come pittore figurista. Iniziò certamente a lavorare col maestro: vi sono opere infatti che rivelano almeno in gran parte la mano del C., ma anche per l’idea generale risalgono al Piazzetta (per esempio, la Decollazione di s. Eurosia eseguita per la chiesa friulana di Polcenigo, ora nel Museo di Udine: vedi Rizzi). La sua prima opera documentata è L’Immacolata Concezione con santi e anime del purgatorio, collocata nella chiesa di S. Andrea a Cortona il 6 apr. 1747, ora nell’oratorio della villa Tommasi a Metelliano (L. Bellosi, in Arte in Valdichiana [catal.], Cortona 1970, pp. 72 s.). Per Cortona tre anni più tardi dipinse un Miracolo di s. Francesco da Paola per la chiesa di S. Filippo (ora al Museo diocesano). Nell’anno 1749, tramite il conte Giacomo Carrara di Bergamo, gli vennero commissionate la pala d’altare raffigurante Quattro santi che adorano la Croce, e le due laterali, S. Lucia e S. Apollonia, per la parrocchiale di S. Martino ad Alzano Lombardo. Questi dipinti ebbero grande successo a Bergamo e valsero al C. la protezione oltre che del Carrara anche dei conti Albani, che gli commissionarono nel 1757 una Maddalena (ora nella coll. Pipia di Bergamo). Nel medesimo anno gli stessi Albani lo incaricarono della decorazione di alcuni soffitti del loro palazzo (ora Bonomi) in via Pignolo, e un anno dopo gli procurarono il contratto per la pala con l’Assunta nella parrocchiale di Tagliuno. Tante ordinazioni indussero il C. a lasciare Venezia e a stabilirsi nel 1757 definitivamente a Bergamo dove aprì una fiorente scuola e dove rimase fino alla morte avvenuta nel 1774. Mentre a Venezia rimane di lui una sola opera certa (la Madonna e santi nella chiesa della Pietà, datata 1761), numerosissimi sono invece gli affreschi e le tele nelle chiese e nei palazzi di Bergamo e dei dintorni. Fra le altre opere meritano di essere ricordate: l’Autoritratto della Pinacoteca Carrara firmato e datato 1756; gli affreschi della cupola della chiesa parrocchiale di Urgnano, del 1758, e, nella stessa chiesa, figure di Dottori della Chiesa e stazioni della Via Crucis, più tarde; la pala raffigurante il Martirio di s. Stefano per la parrocchiale di Carrobio degli Angeli del 1761; la Caduta di Gesù sul Calvario nella parrocchiale di Chiuduno, dello stesso anno; nove tele, fra cui una Ultima Cena firmata e datata 1762, nella parrocchiale di Bottanuco, la Disputa fra i dottori nella parrocchiale di Cologno al Serio e il B. Gregorio Barbarigo nel duomo di Bergamo, della stessa data; S. Stefano in preghiera in S. Bernardino, del 1765; S. Monica che appare a s. Agostino in S. Spirito, del 1766, e l’Andata di Gesù al Calvario in S. Alessandro della Croce, del 1774, tutte a Bergamo. Non datate sono, fra le altre opere, una Sacra Famiglia posta sull’altare della chiesa di S. Giuseppe a Lugano il 28 genn. 1762 (Brentani), due pale nella chiesa della Beata Vergine dello Spasimo a Bergamo, una Madonna col Bambino nelle Gallerie dell’Accademia a Venezia, le sovrapporte della casa Mazzocchi a Bergamo. Vari suoi disegni si trovano nelle raccolte dell’Accademia Carrara e nelle principali collezioni. Le tele di Alzano hanno un carattere di languido abbandono e si distinguono specialmente per la raffinata intonazione crornatica basata sui toni bruni chiari, violetti e azzurri; brillanti e vivacissimi sono gli affreschi della casa Bonomi. Più tardi, verso il 1760, il C. sembra allontanarsi un po’ dai moduli piazzetteschi anche per l’influenza dell’ambiente lombardo in cui si trova ad agire; ma non sempre questo torna a suo vantaggio perché in genere egli viene fatalmente ad assumere un carattere più provinciale. Si attenuano i contrasti di luce ed ombra, si ampliano gli sfondi dove vengono introdotte le architetture. Nell’ultimo periodo egli torna ad usare effetti luministici, ma il disegno ha perso vigore e nerbo. Fra i suoi allievi si citano Francesco Cucchi, Giovanni Belloli, Gioacchino Manzone e Tommaso Frisone (Tassi).