Guglielmo Caccia detto il Moncalvo
(Montabone 1568 – Moncalvo 1625)
Incoronazione della Vergine
XVI secolo
Olio su tela, 116 x 82,5 cm
CACCIA, Guglielmo, detto il Moncalvo. – Figlio di Giovanni Battista e di una Margherita, non ne è accertata da alcun documento la data di nascita a Montabone (Acqui), ma quella (1568) riferita dall’Orlandi già nel 1704 sembra degna di fede, anche tenendo conto che le prime opere del C., a Guarene, sono del 1585 e che il suo matrimonio con Laura Oliva, figlia del pittore Ambrogio Oliva, avvenne il 6 nov. 1589. La pala dell’Annunciazione all’Annunciata di Guarene e la Madonna e santi in S. Michele, sempre nella stessa località, confermano quanto si poteva già sospettare in base agli atti di matrimonio: il C. iniziò la sua carriera di pittore nel modesto ambiente artistico casalese. Più tardi, intorno al 1590, in coincidenza con i primi lavori al Sacro Monte di Crea (cappella della Presentazione della Vergine al tempio), mostra di aver spostato la sua attenzione verso la scuola vercellese, e questo suo aggiornamento stilistico si farà ancora più evidente nelle opere datate o databili al 1593. Nell’aprile cade la Crocefissione della parrocchiale di Calliano, nel luglio la decorazione ad affresco della cappella del Rosario in S. Michele a Candia Lomellina (sotto il patronato della nobile famiglia Confalonieri) e in successione andrà posta la decorazione della cappella della Natività della Vergine al Sacro Monte di Crea, commessa da Vincenzo I Gonzaga e terminata appunto nel 1593. Dello stesso anno, o di poco più tarda, si può considerare la tela con una Allegoria francescana in S. Francesco a Moncalvo, derivata iconograficamente da una incisione di Agostino Carracci. Il 10 dic. 1593 il C. acquista una casa in Moncalvo, ed è questo il primo indizio sicuro del suo trasferimento nel centro da cui deriverà il fortunato soprannome. La pala datata 1595 della parrocchiale di Grana (Madonna col Bambino, santi e due donatori della famiglia De Alessi) indica un ulteriore sviluppo dello stile cacciano probabilmente determinato da un viaggio a Bologna per conoscere le opere giovanili dei Carracci: i colori si sono fatti più trasparenti e le gamme più sottilmente graduate; anche la persuasività dei sentimenti conosce un nuovo approfondimento. Il successo di questa maniera inedita per il Piemonte è documentato, l’anno successivo, dall’atto di commissione per una pala destinata a Larizzate (ora perduta) da cui risulta che l’artista era considerato assai superiore agli eredi della bottega di Bernardino Lanino; perduto è anche un S.Rocco, datato 1599, già conservato nella sacrestia di S. Francesco a Moncalvo. Poiché è falsa la data MDC apposta tardivamente alla Madonna del Rosario della parrocchiale di Solero Alessandrino, occorre arrivare fino alle pale della parrocchiale di Cioccaro (Madonna, santi e donatori; Madonna del Rosario) per individuare nuovamente il C. in opere sicuramente datate (1602): sono due tele che si pongono sulla linea della nuova naturalezza devota, già seguita nella pala di Grana, sviluppandone i principi anche con appoggi diretti a G. Ferrari e forse al Cerano giovane. Per gli anni successivi, dopo il 1602 fino al 1606, la cronologia soffre di qualche oscillazione per varie confusioni, antiche e moderne, a proposito di date, documenti e opere dubbie. Punti fermi di assoluta certezza potevano essere il S.Giovanni Battista, affrescato nel 1603 in S. Giovanni a Moncalvo, e la Madonna col Bambino sulla facciata di una casa privata di Chieri (via Tana, 22), che porta la data 1605; purtroppo il primo è gravemente sfigurato da un restauro del 1713 e la seconda è leggibile solo parzialmente per i danni subiti. I documenti privati di questi anni ci dicono che nel 1602 e nel 1604 il C. acquista immobili e compie operazioni finanziarie in Moncalvo, ma già nel 1605 troviamo registrato un suo pagamento per lavori condotti a Torino, nel palazzo del Viboccone ora distrutto. Non è che il primo di una lunga serie di pagamenti torinesi che dureranno per tutto il 1606 e il 1607 e si esauriranno solo con il giugno 1608. Escluso il pagamento del 1605, tutti gli altri si riferiscono a lavori nell’attuale palazzo Madama e alla decorazione della grande galleria voluta da Carlo Emanuele I per unire palazzo Madama stesso al nuovo palazzo ducale. Il progetto della galleria era stato definito da F. Zuccari nell’ottobre del 1605, ma è da notare che per la somma di denaro ricevuta e per certe affermazioni dei documenti il C. non agì solamente come collaboratore in sottordine, bensì come comprimario, e fu poi in grado di portare a compimento l’opera dopo la partenza dello Zuccari stesso (prima dello scadere del 1607). Nulla è rimasto della galleria, se non forse un disegno ora alla Biblioteca Reale di Torino (cat. Bertini, 1958, n. 262), ma le coincidenze con le descrizioni antiche, le caratteristiche di stile ancora individuabili nella Madonna del 1605 a Chieri e certi riconoscibili rapporti con l’ultima produzione dello Zuccari a Roma consentono di comporre un gruppo omogeneo di opere da collocare negli anni del soggiorno torinese del Caccia. In primo luogo va citata la volta di casa Tizzoni a Vercelli affrescata con temi mitologici molto vicini a quelli descritti nel palazzo del Viboccone. Affini a questi affreschi sono la Natività del Battista nella Confraternita di S. Giovanni a Casalcermelli (siglata e di cui resta un disegno a Brera, n. 7/126), la Natività della Vergine ad affresco già nel convento della Misericordia a Cuneo e ora nella locale Cassa di Risparmio, l’Immacolata Concezione in S. Francesco ad Acqui e il Cristo inchiodato alla croce in S. Bernardino a Vercelli. Seguono immediatamente la Madonna del Rosario della parrocchiale di Pontestura (datata 1606), il S. Francesco davanti al Crocifisso in S. Pietro a Villanova d’Asti (datato 1608), le lunette con Storie di s. Nicola da Tolentino al Museo civico di Casale Monferrato (1607?) e due disegni con Storie dell’infanzia di S. Francesco alla Biblioteca Reale di Torino (cat. Bertini, nn. 249, 250), da connettere con un altro ciclo casalese ricordato confusamente dalle fonti. Dopo il 1608 i termini di riferimento per la biografia del C., tornato a Moncalvo, si fanno ancora più incerti per la mancanza assoluta di opere datate o databili e per l’enorme ampliarsi della sua attività. Si ritrova qualche appoggio concreto solo dopo il 1613, perché possiamo documentare che la cappella di S. Carlo Borromeo in S. Marco a Novara e il coro di questa stessa chiesa furono compiuti tra l’ottobre del 1613 e l’aprile del 1615, mentre seguono a ruota, tra il 1615 e il 1616, i lavori nel coro di S. Domenico a Chieri. Tra il 1608 e il 1613 si potrebbe tentare di collocare i dipinti più famosi, che sviluppano con maggiore sicurezza di disegno e ricchezza cromatica le premesse delle opere zuccaresche, ma che già tendono a formulare in sigla la maniera cacciana. Si tratta del S.Francesco della parrocchiale di Rosasco, del S.Rocco in S. Rocco a Moncalvo, del Martirio di s. Stefano a Testico, della Resurrezione nel duomo di Asti, delle sei grandi tele in S. Michele a Casale Monferrato (due disegni preparatori nella Bibl. Reale di Torino, cat. Bertini, n. 252, e National Gallery di Edimburgo, n. 3161), delle due Storie di s. Matteo in S. Paolo a Casale, della grande pala del Rosario in S. Salvatore Monferrato e infine delle pale di S.Tommaso e di S.Giacinto in Santa Croce a Boscomarengo. Assieme ai lavori di Chieri e di Novara, e a ulteriore conferma della fortuna del C., saranno ancora da ricordare le Storie della Vergine nel duomo di Alessandria (esclusa l’Annunciazione che è più tarda) e un consistente gruppo di opere di devozione privata, tra cui eccellono la Madonna col Bambino e S. Anna in S. Ilario a Casale, la teletta analoga nella Pinacoteca Repossi a Chiari e la piccola Madonna col Bambino su rame del Museo del Castello Sforzesco a Milano. La gran quantità di lavori qui elencati e altri di interesse minore occupa probabilmente il C. anche per il 1616 e la prima parte del 1617, tanto che egli dovrà rifiutare, proprio nel 1616, gli inviti a lavorare ai Sacri Monti di Varallo e di Orta. Alla fine del 1617 lo sappiamo a Milano, dove, in data 28 novembre, dà ricevuta di “compito pagamento” per i lavori alla cupola di S. Vittore al Corpo (la successiva decorazione a stucchi sarà terminata, nel 1619; nei pennacchi con gli Evangelisti si riconosce la mano del collaboratore Daniele Crespi). Lo studio dell’attività lombarda non è stato ancora affrontato in dettaglio, ma si possono ugualmente fornire alcune altre indicazioni, oltre a quelle su S. Vittore. Gli affreschi in S. Pietro in Gessate (cappella di S. Bruno, in collaborazione col Crespi) sono immediatamente successivi al 1617; l’Adorazione dei Magi in S. Alessandro esisteva già nel 1619, quando crollò la cupola della chiesa danneggiandola parzialmente; la presenza a Monza dell’artista è ricordata nel 1619 dal Borsieri, e sono verosimilmente subito anteriori la Decollazione del Battista in duomo e le tele già in S. Agata e ora in S. Maria al Corrobiolo. Il 24 dic. 1618 risulta già terminata la S.Anna al Carmine di Pavia e nel 1619 fu conclusa la decorazione della cappella di S. Lucia in S. Michele, sempre a Pavia, che comprende una pala col Martirio della santa di mano del Caccia. Per confronti stilistici andranno collegate a questi dipinti anche altre opere milanesi sulle quali non è stato possibile reperire indicazioni documentarie: le due tele con S.Pietro e S.Francesco nella chiesa dei SS. Paolo e Barnaba, la decorazione con tele e affreschi della sacrestia di S. Alessandro (per l’Annunciazione esiste un disegno preparatorio in Palazzo Rosso a Genova, n. A 1237), le tre tele con S. Gerolamo, Cristo e la Vergine del Tribunale di Provvisione, ora al Museo del Castello Sforzesco, la decorazione con tele ed affreschi del transetto e del coro di S. Antonio Abate. Esigono inoltre una menzione il Martirio di S. Orsola in S. Orsola a Como e la decorazione con tele e affreschi dell’interno di S. Maria di Canepanova a Pavia (disegno preparatorio per due Sibille in coll. priv. piemontese). Continuando in ordine cronologico, possono seguire tra le altre opere la Madonna del Rosario nel duomo di Valenza Po, eseguita a Pavia e collocata sul suo altare nel febbraio del 1620, la Deposizione in S. Gaudenzio a Novara, anch’essa già terminata nel 1620. Il momento milanese lascia profonda traccia sul C. che, a contatto con la cultura trionfante del Cerano, del Morazzone, dei Procaccini, si sforza d’allinearsi sul fronte dell’eleganza formale e della raffinatezza esecutiva tardo-manierista. Per l’ultima fase dell’attività del C., dopo il ritorno in patria sul finire del 1619, sarà bene limitarsi a segnalare pochi dipinti sicuri, dal momento che la maggior parte delle opere tarde mostra estesi interventi della figlia Orsola Maddalena. Andrà inoltre tenuto conto di verosimili sospensioni dell’attività per gravi malattie di cui sarebbero prova i due testamenti dell’8 nov. 1620 e del 29 ag. 1622 (cfr. Negri, 1896, pp. 117-119). È ancora molto vicina alla Madonna del Rosario di Valenza la Conversione di s. Paolo in S. Paolo a Casale, cui vanno collegate le due versioni del tema di S.Michele, conserv. a S. Salvatore Monferrato (chiesa dell’ospedale) e a Mortara (Santa Croce). Il termine ante quem potrebbe essere il Martirio di S. Maurizio nella chiesa dei cappuccini a Torino, che non può essere lontano dal 1623, data del quadro che gli sta di fronte, dipinto dal Cerano. Subito dopo dovrebbero allinearsi le tele che indicano il passaggio dalle preziose gamme milanesi a quelle, fumose, degli ultimissimi anni: il Tobioloe l’angelo del duomo di Tortona, le quattro Virtù del duomo di Casalmaggiore, l’Annunciazione nel duomo di Alessandria (dove è conservato anche il disegno preparatorio), l’Adorazione dei Magi alla Confraternita dei mercanti di Torino, le Nozzedi Cana nell’ospedale civile di Alessandria (cfr. F. Gasparolo, Un quadro del Vermiglio, in Rivista di storia… prov. di Alessandria, XXXIII [1923], p. 335). Al 1624, anno suggerito dalle fonti (cfr. Moccagatta, 1962-63, p. 62), può risalire il Martirio di s. Paolo in S. Paolo a Casale Monferrato, mentre all’anno successivo appartengono la Transverberazione di s. Teresa in S. Teresa a Torino e la S. Francesca Romana nella chiesa della Madonna a Moncalvo. Ambedue queste tele sono ricordate come già finite nel testamento del 5 nov. 1625 (Negri, 1896, pp. 120-122), che accenna anche al Martirio di s. Maurizio, ora in S. Francesco a Moncalvo, come opera non terminata e affidata alla figlia Orsola Maddalena per il necessario completamento. La morte del C. è registrata nei libri parrocchiali di Moncalvo in data 13 nov. 1625 (ibid., p. 125)